Il trionfo di un’icona. L’intramontabile tela blu vince in passerella. L’arrivo del fatidico giorno era nell’aria da un po’, insieme al bisogno di disintossicazione da un’overdose di perbenismo che lo stava mandando in crisi. Ma ecco nuovamente esplosa la denim- mania. In scena: il fust(agn)o più trasformista della moda. L’unico tessuto che anche Yves Saint Laurent avrebbe voluto inventare, torna protagonista grazie a nuovi colori, fit inediti e lavaggi rivoluzionari.
Il fust(agn)o della moda!!
Iconoclasta ed eclettico, ha attraversato il Novecento senza perdere quella carica dirompente che lo ha portato all’essere elargito come simbolo, o meglio, portavoce della cosiddetta gioventù (bruciata) nei ’50 grazie al suo figliolo prediletto: il blu jeans. Ed ora, è nuovamente denim-mania.
Un tempo detto tela de nimes (dalla città omonima francese), esportato come sacco per le vele tramite il porto di Genova già nei primi del XV secolo, vede la trasformazione da sacco in capo vestiario nell’800, (esattamente nel 1873) quando Levi Strauss ottiene il brevetto per la produzione di capi resistenti, comodi, che riuscissero a reggere i ritmi e la fatica dei cercatori d’oro. Ancor prima (1860) sarà l’ “eroe dei due Mondi” ad indossarlo come divisa per lo sbarco dei Mille a Marsala.
Importato in Europa dopo la seconda guerra mondiale, inizia ad entrare nell’immaginario collettivo grazie al cinema western (memorabili le mise in denim “pistolere e polverose” di Eastwood) per poi diventare l’emblema della contestazione giovanile degli anni’60. Tessuto prediletto dell’ondata hippie tenta il primo approccio con la moda grazie ad Elio Fiorucci che lo arricchisce con decorazioni facendo perdere quella connotazione di ribellione giovanile a favore di un’impronta elegante e sofisticata. L’unica pecca: quel rilegamento alle classi borghesi, riscattato però nei primi degli
’80 da un Lagerfeld che lo porta a calcare le passerelle dell’ Alta Moda.
Oggetto di lusso nei ’90 quando Tom Ford gli regalerà un (degno) posto nell‘Haute Couture. Colorato, fluo, accostato a stampe eclettiche nelle mani del grandissimo Gianni Versace. Sempre nei ’90, con Cavalli, eccolo unirsi alla lycra, stampato con print animalier,traforato, incrostato, ricamato da coralli, pietre dure, cristalli, fili d’argento. Non più materiale povero ma rivestito da lavorazioni preziose e finalmente sdoganato.
Portavoce (anche) delle storie di chi lo indossa, si è imposto nel guardaroba come trionfale icona, seducendo quasi tutti gli stilisti, rivelandosi materia plasmabile, capace di rimanere fedele alle proprie origini.
Basti pensare alla sfilata primavera/estate 2010 Ralph Lauren dove è chiara la rivisitazione del denim dei cercatori d’oro e dei cowboy abbinata all’altro mito dell’American style, ovvero il Grande Gatsby o di Al Capone. All’appello: jeans con risvolti, pettorine (salopette) sbiadite dal sole e rattoppate dalla buona volontà di qualche donna. In effetti, il denim è stato il simbolo per eccellenza della “Grande Depressione”, della lotta per il diritto ad un futuro migliore che tanti americani dovettero affrontare dopo il Wall street crash del 1929.
The next deal, in questo momento di grave difficoltà economica mondiale, il passo in avanti potrebbe passare anche per il recupero dell’etica Thirties. E la moda, meno frivola di quanto si possa pensare, celebra con un’attenta rielaborazione di questo capo iconico. E voi, siete pronte a sfoggiarlo in “tempo reale” ?
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