Da semplici strumenti di difesa contro il freddo (da cambiare solo se spaiati per smarrimento) i guanti recuperano potenziale evocativo e si declinano in ogni possibile variazione. Frivoli come confetti e seducenti come lingerie da femme fatale, distilllano lo sfarzo in un candido bordo di pelliccia o si portano arrotolati sotto la giacca.
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Conosciuti dall’antichità come ornamento e protezione per le mani, ne sono stati trovati anche nelle piramide egizie risalenti alle XXI dinastia (intorno al 1000 a.C). I primi guanti erano generalmente costituiti da semplici sacchetti protettivi senza divisioni per le dita; solo più tardi fu separato il pollice. Si ebbero tuttavia guanti con dita fin dall’antichità: le donne egiziane e romane si proteggevvano con essi le mani nei lavori di casa, giardinaggio e dell’orto: basta leggere Varrone e Catone.
Nel Medioevo si portavano guanti con il solo pollice separato, quelli che ancor oggi i francesi chiamano moufles.
Guanti di ferro o di cuoio foderati di panno o pelle facevano parte dell’equipaggiamento del caccciatore e del soldato: i gantelets.
I guanti dei re e degli alti prelati erano riccamenti ornati con oro, argento e pietre preziose. Guanti di panno molto decorati facevano parte dell’insigne del Sacro Romano Impero. Sempre nel Medoievo, il guanto aveva spesso un significato simbolico: esso veniva dato al cavaliere quando riceveva il suo grado, al vescovo durante la consacrazione, ai rappresentanti delle diversi classi sociali cittadine come segno dei rispettivi privilegi. Il guanto gettato a terra significava sfida a duello.
Dal secolo XI le donne cominciarono a usare guanti ornamentali di lino bianco che arrivavano al gomito. Guanti in pelle o seta, con ricami e pietre preziose, si diffusero nel Medioevo come accessori di lusso nell’abbigliamento di ceti privilegiai.
I contadini usavano grossolan guanti a sacco, cioè senza dita.
Nel secolo XVI in Italia e in Spagna si portavano guanti profumati. Con la calza lavorata a maglia, apparve in questo secolo anche il guanto di maglia, ma quelli di pelle erano sempre considerati i più eleganti. Nei secoli XVII e XVIII uomini e donne sfoggiavano guanti riccamenti decorati. Alla corte di Luigi XIV furono di gran moda quelli usati dalle guardie del re e detti, appunto, guanti alla moschettiera: senza chiudersi al polso, con largo risvolto svasato coprono tutto l’avambraccio. Mentre la moda maschile del barocco e del rococò, con i polsini di pizzo che ricoprivano quasi tutta la mano, lasciava poco posto ai guanti da uomo, quelli da donna diventarono un elemento molto importante dell’abbigliamento.
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All’inizio del secolo XIX comparvero i cosiddetti mezzi guanti per donna, i mitaines, che lasciano scoperte le dita, e da quello stesso secolo i guanti ritornano nel guardaroba maschile: ma invece che all’ornamentazione, si è maggiormente guardato al taglio e alla buona qualità del materiale.
La fine del secolo portò (insieme alla moda delle calze traforate) i guanti da donna in filo lavorato a disegni e lunghi fino al gomito, con le dita scoperte per la sera e coperte per il giorno.
Nel nostro secolo, ai guanti in pelle o lavorati a uncinetto, si sono aggiunte le versioni economiche di quelli in lana.
Se fosse, però, solo una questione di freddo, sarebbe sufficiente possedere un solo paio di guanti passe-partout ( meglio se neri, lavorati in lana grossa, perchè danno una certa aria pratica e “austerity”). Ma la verità è che a noi piace gesticale. E i guanti servono a sottolineare idee, parole e azioni con un dettaglio disivoltamente cool. Per esempio, un guanto vivace in pelle traforata. Oppure una sugestione incantata di ruches e cristalli, lunga fino al gomito. E ancora, applicazioni in ogni declinazione: borchie aggressive, frange selvagge, perline dorate o luminose pietre da gran sera. Elegantissimi, ma sorprendentemente senza dita, i guanti da principessa rock.
L’uso diventa frammento di stile. La sfida è collezionarli tutti!!!
Siete d’accordo?
Scyntilla
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