Lo ha detto il Financial Times, quindi c’è da crederci. Il blasonato giornale britannico ha annunciato che la sartoria partenopea è la migliore al mondo perchè con il suo sapere e la propria esperienza non segue le mode ma le crea.
Rachel Sanderson, la giornalista autrice del reportage parla di un’autentica arte che ha stregato negli anni i più autorevoli politici e i potenti della terra oltre i borghesi benestanti e i professionisti di tutto il mondo. Il suo viaggio all’interno del fatto a mano e su misura si snoda attraverso la visita ad alcune delle più importanti e di successo case sartoriali made in Naples: la Kiton, la Attolini, la Rubinacci e l’evergreen Marinella che hanno le proprie sedi e sartorie tra Napoli e il suo martoriato hinterland.
Per la Sanderson ogni visita aziendale è un piacere: conosce i 350 sarti della Kiton che ogni giorno cuciono 85 giacche perfette; sbircia tra le etichette dei bellissimi abiti hand made Attolini e scopre che l’azienda crea artigianalmente gli abiti per il Presidente russo Medvedev e il milionario Frank Fertitta; chiacchiera col “mitologico” re delle cravatte Marinella e scopre che ogni mattina per i clienti ci sono sfogliatelle e caffè.
Anche se Napoli è decadente o ancor peggio come dice Mr. Marinella è “una città distrutta” l’arte sartoriale non conosce crisi. Questi brand del lusso aprono negozi ed esportano i loro prodotti in ogni continente perchè “se fai una giacca di qualità superiore – afferma Attolini – puoi difenderti dalla manifattura cinese. Devi diventare come la Ferrari“. Sono queste, descritte sul Financial Times, tutte aziende in crescita, le cui vendite sono aumentate anche del 12% in un anno, nonostante le crisi globali perchè come ben spiega alla giornalista l’ amministratore delegato di Kiton, Antonio De Matteis “un vestito cucito a mano è come stampato sul corpo. Dura più a lungo e migliora con il tempo”.
Ben chiude il suo viaggio napoletano la Sanderson che dice “l’idea che la bellezza (dalla moda al cibo, dalla cultura al turismo) salverà l’Italia è molto diffusa tra l’elite italiana. Ma le possibilità e i limiti di quest’idea si palesano nella sartoria napoletana”.
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