All’inizio del nuovo secolo l’abito bianco viene sconsigliato alle spose che avevano passato i venticinque anni e assolutamente proibito alle vedove insieme con il velo vaporoso che si addiceva ad una giovinetta; unica concezione quella di un velo di merletto purchè molto costoso.
La mise nuziale della sposa del primo Novecento spazia tra l’imperare della linea a Esse, il seno portato assai basso, il vitino da vespa e il dorso fortemente schienato. I tessuti prediletti sono i damaschi, la seta Liberty, i rasi operati che si adornano di plastrons e incrostazioni di pizzo d’Irlanda o ricami a punto passamaneria e punto smok. La guimpe, quella pettorina che sale ad avvolgere il collo terminando in una increspatura, sembra sorreggere come una corolla il volto addolcito della donna. Le gonne si plissettano oppure si raccolgono con drappi e festoni raccolti poi nello strascico.
Il velo scende a “zampillo” da coroncine appoggiate su morbide acconciature ondulate e rigonfie. Paradosso, l’abito riesce ad apparire abbastanza semplice. I fiori fanno capolino oltre che dal bouquet, anche sul seno e sul bordo inferiore della gonna.
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Nel 1910 i creatori di moda sono numerosissimi. Negli ateliers aperti a Parigi da Worth, Paquin, Doucet e in Italia da Rosa Genoni, fanno visita le clienti internazionali che conversano con il couturier in ovattati e luminosi saloni verdeggianti. Estenuanti ed inevitabili prove toccheranno alle future prossime e alle loro damigelle interrotte da un momento di improvvisata genialità del “mago” che con dita febbrili riusciva a fermare il tessuto qua e là con spilli suggerito dalla propria immaginazione, per poi ammirarne soddisfatto l’esito.
Cambia la moda femminile grazie a Poiret che nel 1910 inventa la linea entrave a drappeggi digradanti sui fianchi, impacciata sul fondo e la jupe culotte all’orientale. Anche lui, come tutti i grandi sarti, realizza abiti da sposa, ma sarà soprattutto la sorella Nicole Groult che si specializzerà in questo settore a partire dal 1919.
Le prime mises da matrimonio risultano estremamente sfarzose e sensuali. Il corpo è avviluppato in tessuti morbidi quali raso, crepe de chine, crepe georgette, mussolina, satin Duchesse, impreziositi da inserti di merletto -tra i più citati quello Venezia, il Valenciennes e il Malines- che compaiono sul collo, nei plastron o nei volants sulle maniche, sulle spalle, all’orlo della gonna.
Talvolta l’intera tunichetta soprastante al fourreau è di pizzo, sostenuta da bretelle di fiori d’arancio. Lo strascico è moderato ma molto appuntito, come una coda di lucertola.
Il velo se di merletto ha un forma ovale e viene posato molto avanti sul capo così da ondeggiare lievemente attorno al viso, trattenuto basso sulla fronte da una coroncina di fiori. A volte increspata e rigonfio come una cuffia, altre è annodato alla contadina come un foulard.
Con lo scoppio della grande guerra, il fortissimo choc indurrà anche le rubriche di moda a parlare poco o niente di nozze; addirittura, nel mese di maggio solitamente dedicato alla pubblicazione di figurini nuziali, verranno proposti quelli da lutto.
L’anno successivo il sacro rito riprende, forse a significare la voglia di continuare a vivere nonostante tutto. Gli abiti si sono accorciati, la cintura si è alzata e le gonne arricciate. Il velo più corto appare rigonfio e voluminoso sui capelli, in una foggia detta a bonnet. Nuova risulta l’acconciatura: un velo disposto a cuffia, nastri alla greca e con un mazzolino di fiori d’arancio alle orecchie.
Non ci sono più usanze formali da osservare: le condizioni del tempo, le difficoltà sopraggiunte anche nei patrimoni più solidi, i lutti che hanno adombrato la maggior parte dei focolari familiari sono sufficienti a giustificare qualunque decisione a proposito. Tolleranza e comprensione, dunque.
Nel primo dopoguerra un clima modernista inaugura una serie di stagioni mondane elegantissime che trasformano le polverose abitudini in qualcosa che ha il profumo della novità ed un pizzico di trasgressione. Il nuovo contagia anche l’abbigliamento della sposa: le nuove linee illeggiadriscono gli abiti, la gonna si accorcia, la cintura riprende la sua posizione naturale, manifestando tuttavia una radicale tendenza a scendere verso i fianchi. Lo strascico sembra svolgersi a spirale attorno alla figura sottile ed eterea. Il collo è di nuovo fasciato fino sotto al mento e le maniche sono lunghe tanto da coprire il dorso della mano. Il velo di “velo” si borda di un orlo satinato o di una sottile plissettatura che ne evidenzia gli effetti nell’ondulante cascata.
Tanta predilezione per le perle: esse compaiono in molteplici giri digradanti come collane oppure nell’acconciatura frontale ad arc en ciel. Nell’abito disegnato da Lepape per Jeanne Lanvin nel 1924 le perle sono disposte anche a sottolineare il giro spalla, la cintura e a cerchi concentrici sulle maniche, disegnando, poi, degli immaginari volani sulla gonna che rimane costantemente lunga fino al suolo oppure alla caviglia nonostante l’accorciarsi degli orli nell’abbigliamento quotidiano.
Nella seconda metà degli anni Venti le gonne degli abiti si accorciano al ginocchio. Il tocco innovatore viene dato dall’acconciatura: un diadema, come una tiara bianca che si alza al centro della fronte e che, come i cappelli dello stesso periodo, è calzato a sfiorare le sopracciglia ben disegnate.
Il velo di tulle è abbondante e spumeggiante, scende sul dietro formando uno strascico sdrammatizzando lo choc dell’abito corto. Tralci di edera mescolati con garofani bianchi, peonie, lillà, lilium solitari e alteri ornano la mise.
Per la scelta del tessuto si punterà su damasco color d’alabastro, lamé d’argento, velluto di seta con riflessi d’opale, satin dalla mano sontuosa “per formare quelle pieghe scultoree e un po’ solenni”.
Accessori d’obbligo sono il grande fazzoletto di merletto, le scarpine di crepe satin con profili di pelle d’argento, il cinturino con fibbia di strass e la corsettina di antilope con cerniera di perle. Una mise semplice, pratica ma con piccoli particolari ricercati.
A voi piacciono questi abiti nuziali dei primi del Novecento?
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