La moda del Settecento, frivola, galante, leggiadra e maliziosa, si sposava con lo stile Rococò, gli jabot di trina, i confetti e le sfumature evanescenti delle tinte pastello. Accennando un passo di minuetto, vestita di bianco e d’argento, la novizza veneziana usciva dalla sua camera accompagnata dal ballerino (ovvero il maestro delle cerimonie di cinquecentesca memoria) di solito vestito di nero, con una corta mantellina di damasco, benedetti poi dai genitori e dal sacerdote.
I colori più apprezzati accanto il bianco risultavano i pastelli delicati: dal color del cielo al fior di pesco al verde pistacchio al violetto, non solo tra i nobili ma anche tra il popolo.
Ecco una descrizione di un tipico vestito nuziale del ‘700: taglio alla turca, lino bianco, guarnito con pizzi inglesi, pettorina e manichetti legati sopra al gomito con nastri colorati.
La parrucca onnipresente anche nella mise matrimoniale: parrucche spropositate, veri e propri capolavori di ingegno e artigianato. Uno dei modelli più grazioso, chiamato il “pouf di sentimento”, era ornato di farfalle e cupidi in cartapesta, uccellini imbalsmati (!), fiori, verdure e il ritratto miniato dell’innamorato (triplo!!!).
Ma sarà il “color di latte” a dominare, magari accostato alle tenere tinte, con decisione in tutta Europa, con l’avvento dell’epoca borghese, quale simbolo di purezza e innocenza. Insieme al bianco dell’abito, si fissava la tradizione del velo lungo e dei fiori, veri o riprodotti in cera. Anche il nero da cerimonia per l’uomo era( ed é) un colore borghese. Bianco e nero diventarono una sorta di norma codificata dando vita ad una tradizione fissa, che si svilupperà o meglio si manterrà su una linea costante, subendo solo le varie modifiche attuate dalla moda : varieranno le lunghezze,le larghezze o le forme.
Nel primo decennio del secolo XIX i richiami immediati alla scultura greca-romana favorirono ancor più la scelta verso il bianco proprio perché questo colore faceva statua, soddisfando così, l’entusiasmo archeologico di un’ epoca che pretendeva di trasportare nella vita quotidiana le raffinatezze di Pompei ed Ercolano. Sfondo a tanto furor del classico furono anche gli interni delle case: spogli, essenziali, stucchi alle pareti e mobili laccati di bianco. Un mondo tutto bianco sia nell’arredo che nell’abbigliamento anche giornaliero.
A rendere obbligatorio il bianco, colore sintesi di tutti i colori, intervennero anche ragioni economiche e politiche. Basti pensare al blocco continentale imposto da Napoleone nel 1803 che impediva ogni esportazione in Europa. Tra cui anche quella di cotone e coloranti.
Di bianco ricamato in oro e argento si vestirono l’irrequieta Josephine de Beauharnais, sua prima moglie nel 1804 e la seconda, Maria Luigia d’Austria, sposata per procura nel 1810.
Abiti nuziali che poco discostavano da quelli di gala: maniche cortissime a palloncino, ampia scollatura a barchetta, taglio ad impero sottolineato dall’alta cinta, gonna lunga alle caviglia con bordi ricamati e corta sopragonna di merletto. Di merletto anche il velo che dalla sommità di un’acconciatura magari a rose scendeva fino ai fianchi. Un bouquet di rose appuntato al seno, scarpine con legacci alla greca, morbidi guanti al gomito, ventaglio e parure di coralli e oro completavano l’elegante mise.
In seguito la cintura si sposterà impercettibilmente verso il punto naturale; la scollatura, sempre molto generosa, seguirà il giro spalla; le maniche corte e gonfie, mentre la gonna a birillo terminavaà in basso con bordi decorati con rigonfi e imbottiture identico a quello sullo strascico. Grande importanza all’ acconciatura: capelli divisi da una scriminatura, pettinati a ricci sul davanti, velo di trina appuntato con spilloni gioiello ad un’imponente treccia ad aureola sul dietro. La gonna lievitò dilatandosi per poi raggiungere con la crinolina gli eccessi del panier. Anche le maniche subirono lo stesso influsso gonfiandosi a gigot. Nella mano destra la sposa teneva semiaperto un libricino di preghiere, regalo delle compagne di collegio e nell’altra un indispensabile fazzolettino. Era abitudine, se non obbligo, sciogliersi in lacrime mentre si andava all’altare. Occhi umidi e naso rosso facevano parte della tenuta di rigore.
Tornando al bianco, si è soliti attribuirlo anche al dogma dell’Immacolata Concezione proclamato nel 1845 da Papa Pio IX; ed è per questo motivo diventare comprensibile il gesto della novella sposa che dona, a nozze, avvenute, il proprio abito al simulacro della Vergine o almeno il bouquet alla sacra immagine, dipinta o scolpita.
Bianco come luce, bene, vita nascita e positività.
Altro abito nuziale leggendario dell’Ottocento fu quello indossato dalla principessa Elisabetta di Baviera, “Sissi”, alle nozze con Francesco Giuseppe imperatore: un abito di marezzato bianco, ricamato con oro e argento, con un’amplissima gonna decorata a mazzolini di fiori di diamanti e un minuscolo corpetto, e lo scollo illeggiadrito da ghirlande di rose fresche. Il velo, di merletto a fuselli di Bruxelles, era fermato sulla regale ed imponente acconciatura a trecce e boccoloni, da un diadema prezioso, smitizzato dall’inaspettato accostamento con mirto e fiori d’arancio.
Nel 1860 la crinolina raggiunse la sua massima dimensione assumendo l’aspetto di una cupola brunellesca, e aggiungendo lo strascico per le spose.
I tessuti suntuosi, consistenti, corposi, sono ravvivati da balze, ruches e plissè.
La dolce Margherita scelta come moglie per Umberto, principe ereditario italiano, fu senza dubbio la sposa più importa della seconda metà del secolo. La bionda principessa indossò un vestito di faille bianco ricamato in argento: corpetto leggermente scollato (gli abiti diventeranno sempre più accollati fittamente abbottonati sul davanti), stretto in vita da un’alta fascia finemente lavorata, gonna composta da dodici teli con coda di quasi tre metri e manto di quattro. Ornavano l’abito rose, margherite, fiori d’arancio, camapanule, nodi d’amore, disposti a mazzi. Sui capelli una rosa e due stelle di diamanti fermavano il lungo velo bianco ricamato a fiori d’argento.
Negli anni Settanta compare l’acconciatura “alla israelita”: un velo che copriva il viso e scendeva fino al seno. La gonna si sgonfia sul davanti spostando il volume sul dietro grazie alla tournure, mentre il corpetto si allungava riprendendo una linea appuntita.
Cosa ne pensate degli abiti nuziali di questi due secoli? Vi piace lo sfarzo giocoso del Settecento, la linea classica dello stile impero del periodo napoleonico o quella decisamente principesca della metà del secolo?
Principe di Terra Riarsa dice
Il dogma è del ’54 però 🙂